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IL GIARDINO

Tra teatri e giochi d’acqua, alla scoperta di un luogo d'incontro tra natura e architettura.

Villa Arconati si fonde con il suo Giardino in un unico spazio organico, luogo d'incontro tra natura e architettura, tra cultura e svago, tra passato e presente. Oggetto di successivi interventi da parte degli Arconati, il Giardino, con i suoi teatri e giochi d’acqua, è stato da sempre uno dei luoghi di attrazione della Villa, preservando una rara testimonianza in Italia di giardino alla francese.

Conosciuto in Italia e all'estero già nel Settecento grazie alle incisioni di Marco Antonio Dal Re, il giardino è lo spazio ideale per immedesimarsi in un'atmosfera antica: ombrosi viali alberati, specchi d'acqua rinfrescanti, sculture e teatri vi accompagneranno oggi come allora alla scoperta di questo luogo.

Il Teatro è di certo uno dei protagonisti in Villa Arconati; grande appassionato teatrale era Giuseppe Antonio che qui fra gli altri invitò Carlo Goldoni, celebre commediografo veneziano. Ma il Teatro è anche uno dei luoghi fondamentali di cui si componeva un giardino "di Delizia" Allestito nel verde o costruito in muratura, adorno di gruppi di statue o luogo deputato alla rappresentazione di spettacoli, feste e balli il Teatro era soprattutto spazio simbolico di espressione di conoscenza e di cultura.

Il Teatro di Diana, dotato di arditi meccanismi idraulici, mostrava l'intera gamma di tipologie dei giochi d'acqua distribuiti nel giardino. Ai piedi del Teatro di Andromeda, una pavimentazione a mosaico offriva lo scherzo di tanti piccoli zampilli che partivano da terra, mentre il Teatro di Ercole celebra l'elemento maschile, la stirpe Arconati.

Altro elemento fondamentale di questo giardino era l'acqua: usata per sostenere la vegetazione del parco era però vera protagonista del piacere dei Nobili. Numerosi come abbiamo visto i giochi d'acqua che allietavano le passeggiate e complesso il meccanismo che le regolava. Un sistema di cascatelle accompagna ad esempio la maestosa Scalinata dei Draghi che collega il Teatro Grande - detto anche “delle Quattro Stagioni” - al parterre settecentesco. Il sistema che regola le fontane – situato nella Torre delle acque, che vediamo ancora oggi - è invece un’opera di ingegneria idraulica d'avanguardia che probabilmente Galeazzo Arconati riprende dagli studi di Leonardo da Vinci.

La Torre, che sovrasta la Limonaia già oggetto di un importante restauro, funge ancora da elemento di cerniera tra la Villa e gli altri corpi del Giardino. La Limonaia era un altro luogo di "delizia" degli Arconati, in cui offrire agli ospiti rinfrescanti sorbetti.

Ci sono immagini che documentano la presenza, nella zona sud del giardino, del Casino di Caccia, oggi purtroppo andato perduto. È invece conservata – anche se turbata dal tempo – la Voliera per l'allevamento degli uccelli esotici e di varie specie, altra testimonianza dei gusti raffinati della famiglia Arconati.

Il Giardino è oggi un luogo di confronto con la cultura contemporanea: è sede, tra gli altri eventi, del Festival musicale che ogni estate si svolge a Villa Arconati, con grandi protagonisti internazionali. È proprio in questa occasione che il giardino ha ospitato, nel 1991, una mostra antologica dedicata a Fausto Melotti, ritenuto dalla critica uno dei maggiori scultori dell'età contemporanea, a cura di Germano Celant. Per il futuro, il piano di riconversione culturale della Villa prevede la realizzazione di nuove installazioni site specifici di artisti affermati, affiancate da proposte di giovani creativi.

La ricostruzione dell’antico Labirinto settecentesco ne è un esempio: il progetto, promosso da Fondazione Augusto Rancilio e da Threes con il prezioso contributo di Borotalco, è stato portato a termine dallo studio di architettura Fosbury partendo dallo studio delle due incisioni settecentesche di Marc’Antonio Dal Re del 1743 che riproducono la mappa completa del parco.

Il labirinto era, infatti, uno degli elementi tradizionalmente costitutivi dei giardini all’italiana, come è quello di Villa Arconati-FAR. E’ parso, pertanto, naturale reintrodurre questo elemento nella medesima ubicazione e con lo stesso disegno strutturale riprodotto nelle incisioni storiche di Dal Re, così da ridarne il massimo della valenza storica e culturale.

La costruzione del labirinto è stata strutturata in tre fasi, della durata di un anno ciascuna. La scelta compositiva dei tre stadi è stata finalizzata ad ottenere ogni anno un effetto architettonico compiuto e coerente: la prima fase dell’hortus conclusus, la seconda della chicane, l’ultima del labirinto vero e proprio. L’hortus conclusus è storicamente uno spazio verde cinto ed isolato dal mondo esterno, dove i monaci si dedicavano al ritiro e alla meditazione coltivando piante per scopi alimentari e medicinali. La chicane costringe attraverso due ingressi non in asse di raggiungere uno spazio centrico senza poterlo osservare dal principio e donargli quindi maggiore intimità. Il labirinto nel suo ultimo stadio si organizza su quattro assi e cinque ordini concentrici, secondo un percorso che conduce infine al suo centro.